Fantascienza? No, realtà: in Cina, Olanda, Stati Uniti si progettano oggi abitazioni che vengono stampate. Grazie all’invenzione di un italiano. Che qui anni fa nessuno prese sul serio
Come ogni rivoluzione che si rispetti, anche quella della stampa 3D è partita dal basso. Nei garage e nelle officine dei “maker”, gli artigiani digitali che, guardando al futuro, hanno riscoperto l’idea antica dell’homo faber che forgia lampade, gioielli, avatar in miniatura, perfino pistole e fucili d’assalto in plastica.
Ora che l’industria ha fiutato l’affare e comincia a investire grandi capitali, il mondo delle stampanti 3D esce dalla sperimentazione ed è pronto ad affrontare la fase 2.0. Nel campo della medicina, ad esempio, si possono creare repliche di organi umani per consentire al chirurgo di esercitarsi. Ma non solo. Con questi macchinari già oggi si possono stampare case, domani forse intere città, a costi ridotti rispetto agli standard dell’edilizia.
Al posto dell’inchiostro si utilizzano calcestruzzo, polimeri simili alla plastica, resine, gesso, perfino argilla: materiali che nascono fluidi e poi si solidificano, diventano mattoncini Lego o forme libere. E durano nel tempo. Sembra un paesaggio avveniristico, la fuga in avanti di uno scrittore visionario, invece è realtà. I ricercatori del Politecnico di Milano hanno illustrato il nuovo scenario nell’evento “BuildSmart!” a Made Expo 2015, il salone dell’architettura, design ed edilizia che si è appena tenuto nel capoluogo lombardo.