Negli ultimi anni, la stampa 3D ha visto crescere in maniera esponenziale le possibilità di utilizzo e le applicazioni in ambito medico.
D’altra parte, la tecnologia 3D si presta molto bene a un ampio ventaglio di opzioni che spaziano dalla “stampa” di organi alla creazione di rappresentazioni estremamente accurate delle strutture ossee dei pazienti, ai fini della pratica chirurgica.
Ora sembra esserci un’opzione in più: una sorta di “impasto” realizzato appunto in stampa 3D che promette di riparare le ossa fratturate.
Quando si parla di stampa e stampanti 3D, come quelle distribuite dall’azienda italiana ennepiesse.com per conto dei grandi colossi internazionali,i potenziali di ingegno e creatività hanno raggiunto livelli davvero stupefacenti: è il caso di questa nuova tecnica medica sperimentata nel Regno Unito da un gruppo di scienziati dell’Università di Nottingham.
Si parla in senso lato di bioprinting, ovvero il processo attraverso cui è possibile generare cellule e tessuti umani utilizzando proprio la tecnologia 3D. Molto interessante, a questo proposito, la rivoluzione tecnologia operata dal gigante francese l‘Oréal che ha già iniziato a testare i propri prodotti su pelle stampata in 3D.
In questo caso specifico, gli scienziati britannici hanno utilizzato un impasto piuttosto denso dotato di micro-sfere capaci di rilasciare proteine, le quali accelerano il processo di riparazione delle ossa fratturate.
Una tecnica di questo tipo ha, inutile a dirsi, implicazioni davvero interessanti. Primo fra tutti, il fatto che funziona a temperatura ambiente, quindi senza necessità di ricreare ambienti con temperature elevate né situazioni caratterizzate da temperature rigide.
Questo comporta un grande passo avanti rispetto alle tradizionali tecniche di bioprinting che hanno invece bisogno di alti livelli di calore, ottenuti solitamente attraverso l’impiego di raggi UV o persino solventi che producono calore mediante specifiche reazione chimiche. In altre parole, questo tipo di stampa 3D ha bisogno di un ambiente specifico che risulta incompatibile con quello in cui le cellule o i tessuti umani si sviluppano.
Al contrario, la nuova tecnica sviluppata dai ricercatori del Regno Unito richiede una temperatura di circa 37 ° centigradi.
Studi ulteriori hanno inoltre dimostrato che le micro-sfere che rilasciano le proteine potrebbero essere incorporate all’interno di supporti ossei stampati. In altre parole, sarebbe possibile produrre (stampare in 3D) supporti per la riparazione ossea in condizioni ambientali pressoché normali, supporti che includerebbero al proprio interno cellule e proteine per facilitare la rigenerazione delle ossa.
Il potenziale di questa tecnica è enorme e le applicazioni sarebbero infinite. Gli scienziati prevedono addirittura la possibilità di stampare supporti alquanto complessi, a partire da questo impasto, da utilizzare poi in diverse situazioni, a seconda delle esigenze contingenti. Inoltre, poiché gli standard di temperatura richiesti sono bassi, i costi della tecnologia dovrebbero mantenersi attorno a valori relativamente convenienti.
La nuova tecnica non è ancora pronta per il debutto ufficiale.Quindi, in caso di fratture, non aspettatevi di essere trattati con nessun impasto miracoloso. Non ancora, almeno.
Quello che è certo è che questa nuova tecnologia è in fase di sviluppo, e dovrebbe essere presto pronta per l’uso nel mondo reale: servono ancora un po’ di sperimentazione e qualche sviluppo successivo.
Gli scienziati sono comunque molto ottimisti e sono certi che questa tecnologia supererà a pieni voti i test più importanti, fornendo un’ulteriore prova a favore della stampa 3D e del suo impiego nel settore della medicina.
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